Pronunciandosi su un ricorso contro una sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna nei confronti di due militari dell’Arma dei carabinieri per avere costretto alcuni cittadini cinesi, titolari di attività commerciali, alla dazione di somme di denaro variabili tra i 100 ed i 3.000 euro, per volta, la Corte di Cassazione – nel respingere la tesi difensiva secondo cui la dazione del denaro sarebbe avvenuta per scelta degli esercenti e per osservate modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, con l’obiettivo di voler conseguire il massimo guadagno con il minimo impiego di risorse, elargendo denaro alla vista di chi potesse loro nuocere -, ha affermato il principio secondo il quale corretta era stata la soluzione della Corte d’appello che aveva derubricato il fatto da concussione (art. 317 cod. pen.) ad induzione indebita (art. 319-quater cod. pen.), nella identità dell’abuso perpetrato dal pubblico ufficiale e della dazione o promessa indebita finalizzata al conseguimento, ad opera del primo, di denaro o altra utilità.
Cosi ha stabilito la Cassazione Sez. VI con la sentenza n. 19506 dell’11 maggio scorso.