LA DONAZIONE IMMOBILIARE

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La donazione è un contratto, regolamentato dall’art. 769 c.c., con il quale un soggetto, per spirito di liberalità, arricchisce un altro soggetto, disponendo in suo favore un suo diritto o assumendo verso lo stesso un’obbligazione. Talvolta, tuttavia, può accadere che una donazione fatta da un soggetto quando era ancora in vita vada a ledere, alla morte di questo, i diritti degli eredi cd. necessari, ovverosia i legittimari, ossia il coniuge, i figli anche adottivi e, in mancanza gli altri ascendenti.

Se, a causa di alcune donazioni effettuate dal de cuius quando egli era ancora in vita, un erede necessario sia stato leso, la donazione resterà comunque un atto valido ed efficace.

Tuttavia il soggetto che dalla stessa abbia subito una diminuzione dei suoi diritti successori potrà esperire la cd. azione di riduzione delle donazioni.

Secondo quanto previsto dall’articolo 559 c.c. le donazioni si riducono cominciando dall’ultima e risalendo via via alle anteriori.

In ogni caso, ai sensi dell’articolo 555 c.c., le donazioni non si riducono se non dopo esaurito il valore dei beni di cui è stato disposto per testamento; il che vuol dire che il legittimario che sia stato leso deve prima agire per la riduzione delle quote spettanti agli eredi e dei legati e  solo  dopo, qualora risulti ancora insoddisfatto, potrà agire per la riduzione delle donazioni.

Il codice civile, all’articolo 560, si preoccupa di disciplinare il caso particolare in cui la donazione ha avuto ad oggetto un immobile; in tale ipotesi, infatti, se ciò può avvenire comodamente, la riduzione va fatta separando dall’immobile la parte necessaria per integrare la quota riservata.

Viceversa, ai sensi dell’art. 560 c.c., se la separazione non può farsi comodamente, occorre distinguere il caso in cui il donatario ha nell’immobile un’eccedenza maggiore del quarto della porzione disponibile da quello in cui l’eccedenza sia inferiore al quarto.

Nel primo caso, infatti, egli deve lasciare l’intero bene nell’eredità, salvo il diritto di conseguire il valore della porzione disponibile.

Nel secondo caso, invece, il donatario può ritenere l’intero immobile e compensare i legittimari in denaro.

Questa disciplina presuppone che il donatario non abbia anche la qualifica di   legittimario.

Infatti, nel caso, in cui  il donatario abbia  anche la qualifica di legittimario, lo stesso potrà ritenere tutto l’immobile, purché il valore dello stesso non superi l’importo della porzione disponibile e della quota che gli spetta come legittimario.

L’azione di riduzione, in ogni caso, può essere esercitata dal legittimario entro     dieci  anni dall’apertura della successione, normalmente coincidente con la morte del donante; infatti tale impugnazione è sottoposta alla prescrizione ordinaria decennale.

Qualora il beneficiario della disposizione lesiva della legittima abbia alienato a terzi il bene, il legittimario avrà l’onere, prima di poter esercitare l’azione di restituzione nei confronti degli acquirenti dal donatario, di esperire, nei confronti dello stesso beneficiario della disposizione lesiva l’azione di restituzione per equivalente, ossia chiederà al beneficiario il tantundem, cioè una somma di denaro che rappresenti il valore del bene determinato con riferimento alla data dell’apertura della successione.

Per realizzare tale valore, in caso di inadempimento dell’obbligato, avrà l’onere della preventiva escussione dei beni del donatario; quest’ultima è una condizione espressa di procedibilità dell’azione di restituzione nei confronti del terzo acquirente dal donatario;

Pertanto, in mancanza della prima non è possibile agire in restituzione.

Qualora il legittimario leso non possa ottenere soddisfazione della sua quota di legittima, nemmeno per equivalente tramite l’escussone dei beni del beneficiario della disposizione lesiva, potrà agire in restituzione nei confronti dei successivi acquirenti degli immobili.

Legittimati passivi dell’azione di restituzione sono coloro che, nell’eventuale serie dei trasferimenti dell’immobile, sono proprietari al momento dell’esercizio dell’azione di restituzione.

Il terzo acquirente che subisce l’azione di restituzione ha la facoltà di liberarsi dall’obbligo di restituzione in natura del bene pagando l’equivalente in denaro (art. 563, comma 3 c.c.).

 La legge 14 maggio 2005, n. 80, di conversione del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35 (c.d. decreto legge sulla competitività), entrata in vigore il 15 maggio 2005 ,ha modificato gli articoli 561 c.c. e 563 c.c. inserendo un termine di venti anni che decorre dalla trascrizione della donazione, trascorso il quale:

  • i pesi e le ipoteche imposti sul bene dal donatario conservano efficacia anche qualora il donatario subisca la perdita del bene per effetto dell’azione di restituzione.

Il legittimario recupererà il bene dal donatario ma dovrà accettare l’esistenza dei diritti reali o personali (ad esempio, ipoteche, servitù, contratti di locazione) che gravano sul bene.

Il donatario sarà obbligato a compensare in denaro il legittimario per il minor valore del bene, fino alla concorrenza della quota di legittima;

  • il legittimario perde il diritto di agire con l’azione di restituzione nei confronti dei terzi acquirenti dal donatario; in tal caso, il legittimario avrà ottenuto, con l’azione di riduzione, il riconoscimento della sua quota di legittima ma potrà soddisfarsi unicamente nel patrimonio del donatario.

Il coniuge ed i parenti in linea retta del donante hanno la possibilità di sospendere il termine dei vent’anni e, quindi, di conservare integre le caratteristiche di realità proprie dell’azione di restituzione, mediante la notifica nei confronti del donatario e dei suoi eventuali aventi causa e la trascrizione di un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione che, ove necessario, andrà rinnovato prima che siano trascorsi i vent’anni, qualora il donante sia ancora in vita (art. 563, comma 4 c.c.).

 

 

 

 

 

 

 

     

 

 

 

  

        

 

      

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