Con la sentenza n. 41173/2016 il Giudice di Pace di Roma ha offerto diversi spunti di riflessione in tema di impugnazione delle cartelle di pagamento.
Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, l’opposizione ex art. 615 c.p.c. non è soggetta a termine ed è ammissibile avverso qualsiasi atto di esazione, sia esso una cartella esattoriale, ovvero la successiva intimazione di pagamento, o altro atto atipico di costituzione in mora che preavvisi il debitore dell’avvio della procedura espropriativa, in quanto tale assimilabile ad un atto di precetto.
A ciò si aggiunga che tale impugnazione è validamente proposta anche avverso l’estratto di ruolo, qualora sia il primo atto con il quale il contribuente viene a conoscenza del suo debito (cfr. SSUU 19704/2015).
Tale principio di massima (ammissibilità dell’impugnazione avverso l’estratto di ruolo in funzione ricuperatori della cartella di pagamento non esercitata per difetto di notifica), può trovare applicazione – continua il Giudice romano – anche in materia di opposizione all’esecuzione dinanzi al giudice ordinario.
Fermo restando, in quest’ultimo caso, l’inammissibilità dell’opposizione ex art. 615 c.p.c. pronunciata ex art. 50 comma 2 dr 602/1973, allorquando cioè sia decorso un anno dalla presunta notifica della cartella, in quanto la cartella medesima perde efficacia se scaduto questo anno l’agente della riscossione non procede all’espropriazione forzata senza previamente notificare un’intimazione ad adempiere, con la conseguenza che ai sensi dell’art. 100 c.p.c. non sussiste alcun interesse di agire dell’opponente.