La Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, con la sentenza dell’11 aprile 2017, n. 9251, ha disposto che nessun risarcimento spetta ai genitori se il medico non ha rilevato dall’ecografia, l’assenza di un arto del nascituro, trattandosi di un’anomalia fetale, non idonea a consentire l’interruzione di gravidanza.
Ciò perché, secondo un orientamento espresso a SSUU, il genitore che agisca per il risarcimento del danno, deve provare che la madre avrebbe esercitato la facoltà di interrompere la gravidanza, in presenza delle condizioni di legge, se fosse stata tempestivamente informata dell’anomalia fetale.
La legge 194/1978 ha introdotto nel nostro ordinamento la possibilità legale di ricorrere all’aborto, legittimando l’autodeterminazione della donna a tutela della sua salute e della sua vita, pur nel rispetto di condizioni rigorose, espressione di un bilanciamento di esigenze di primaria rilevanza. Non essendo previsto an tale legge l’aborto eugenetico, cioè l’aborto perché si prevedono gravi malformazioni del nascituro, l’interruzione della gravidanza è ammissibile solo qualora sussista un pericolo per la salute o la vita della gestante.
La Suprema Corte ha quindi ritenuto corretta la valutazione, già resa dai giudici di merito nel doppio grado di giudizio, secondo la quale la mancanza di una mano non rientri tra i presupposti previsti normativamente per configurare il requisito del “grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna”.
Per tale motivo ha escluso il risarcimento a carico del medico.