Articolo tratto da Quotidiano Giuridico del 21/03/2017
Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui il Tribunale di Genova aveva confermato la sentenza di condanna nei confronti di un imputato, ritenuto responsabile del reato di minaccia per aver intimidito la vittima rivolgendole le parole “il mio scopo nella vita è farti piangere”, la Corte di Cassazione – nel rigettare la tesi difensiva secondo cui la sentenza non aveva preso in esame il significato delle fotografie e il tenore dei messaggi acquisiti, dai quali emergeva il clima sereno e aveva trascurato di valutare il clima di esasperata e persistente conflittualità -, ha affermato che, ai fini della configurabilità del reato di minaccia, è sufficiente la sola attitudine della condotta ad intimorire essendo irrilevante, invece, l’indeterminatezza del male minacciato, purché questo sia ingiusto e possa essere dedotto dalla situazione contingente.