La dichiarazione anagrafica è strumento privilegiato di prova della convivenza fatto.
Così ha precisato il Tribunale di Milano con l’ordinanza 31/05/2016 nell’ambito di un procedimento cautelare promosso dalla madre del nascituro, concepito fuori dal matrimonio, al fine di accedere al materiale biologico del padre.
Avendo la convivenza natura fattuale, ovvero traducendosi in una formazione sociale non esternata a mezzo vincolo giuridico e formale, la dichiarazione anagrafica diventa strumento privilegiato di prova e non anche elemento costitutivo e ciò si ricava oggi – aggiunge il Tribunale – dall’art. 1 comma 36 Legge 76/2016 , rubricata “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”.
La definizione che viene data dal legislatore per i conviventi, è volutamente svincolata da ogni adempimento formale, intendendosi per conviventi di fatto due persone maggiorenni, stabilmente unite in un legame affettivo di coppia, di reciproca assistenza morale e materiale, non legate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da unione civile.
Dunque “convivere” è ora per la legge un fatto giuridicamente rilevante, tanto che la dichiarazione anagrafica è richiesta dalla Legge 76/2016 per l’accertamento della “stabile convivenza”.
All’interno del dibattito già apertosi in seguito all’introduzione della citata legge 76/2016, è già intervenuta la circolare 7/2016 del Ministero dell’Interno, la quale ha precisato che l’iscrizione della convivenza di fatto dovrà essere eseguita secondo le procedure già previste e disciplinate dall’ordinamento anagrafico e, in particolare, dagli artt. 4 e 13 DPR 223/1989, come espressamente richiamati dal comm 37 dell’art. 1 Legge n. 76/2016.