Un recente decisione del GUP del Tribunale di Vallo della Lucania (24/02/2016) ci consente di affrontare l’attuale problematica della responsabilità penale dell’amministratore di un gruppo su Facebook, per i commenti offensivi postati dagli iscritti.
Pur disponendo il non doversi procedere in favore degli imputati, la sentenza offre numerosi spunti di riflessione.
In primis, anche questo Giudice ritiene di aderire all’ormai consolidato orientamento, secondo il quale i messaggi offensivi veicolati tramite bacheca Facebook, configurano un’ipotesi di diffamazione aggravata ex comm 3 dell’art. 595 c.p.
Così inquadrata la fattispecie, il GUP affronta la figura dell’amministratore di gruppo e la sua eventuale responsabilità per i commenti offensivi postati dagli iscritti, stabilendo che l’amministratore non può né è in grado di operare un controllo preventivo sulle affermazioni che gli utenti mettono in rete.
Egli sarà chiamato a rispondere – in concorso con l’autore del commento diffamatorio pubblicato – solo nel caso in cui ricorra, sotto il profilo soggettivo, una responsabilità concorsuale, commissiva e/o omissiva, di tipo morale, la cui prova deve essere rigorosamente fornita dalla Procura.
Ne deriva che – prosegue il GUP – si può ritenere integrato l’elemento soggettivo dell’art. 595 c.p. nell’ipotesi in cui il moderatore del gruppo abbia scientemente omesso di cancellare, anche a posteriori, le frasi diffamatorie.
Qualora, invece, egli si sia prontamente attivato in senso emendativo, la sua condotta non acquisirà profili a rilevanza penale.