CIRCOLAZIONE STRADALE

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Pronunciandosi su un ricorso contro una sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna di un’automobilista per aver causato la morte del conducente di un motociclo, la Corte di Cassazione (sentenza 24 maggio 2016, n. 21581) – nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui nella ricostruzione dell’accaduto, fosse mancato l’accertamento relativo all’aspetto della concreta possibilità, per il conducente della vettura, di avvistare il sopraggiungere del motociclo – ha affermato il principio secondo il quale il principio dell’affidamento, nello specifico campo della circolazione stradale, trova un opportuno temperamento nell’opposto principio secondo cui l’utente della strada é responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purché rientri nel limite della prevedibilità, prevedibilità però da valutarsi non già in astratto, ma in concreto, da ragguagliarsi alle diverse classi di agenti modello ed a tutte le specifiche contingenze del caso concreto.
Il criterio della prevedibilità in concreto si sostanzia nell’assunto che la prevedibilità vale non solo a definire in astratto la conformazione del rischio cautelato dalla norma, ma anche va ragguagliata alle diverse classi di agenti modello ed a tutte le specifiche contingenze del caso concreto (Sez. U., n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, non massimata sul punto).
Inoltre, considerato che le regole di cautela che nel caso di specie si assumono violate si presentano come regole ‘elastiche’, che indicano, cioè, un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti, è comunque necessario che l’imputazione soggettiva dell’evento avvenga attraverso un apprezzamento della concreta prevedibilità ed evitabilità dell’esito antigiuridico da parte dall’agente modello (Sez. 4, n. 37606 del 06/07/2007, Rinaldi, Rv. 237050).
Tali richiami giurisprudenziali, riportati al caso che ne occupa, pongono il problema della concreta prevedibilità ed evitabilità nelle condizioni date, da parte della ricorrente, dello sviluppo antigiuridico della sua condotta, anche in considerazione del fatto che la valutazione in concreto della prevedibilità non può, nella specie, prescindere dal fatto, pacificamente acclarato, che la vittima percorreva in orario notturno un’arteria urbana a 100-110 chilometri l’ora: ossia a una velocità più che doppia rispetto a quella consentita e sicuramente tale da rendere meno prevedibile, per gli altri utenti della strada, l’avvicinamento di un motociclo.
Ciò risulta ancor più pregnante se rapportate alle altre ocndizioni oggettive dei fatti, ovvero il procedere a fari spenti con visibilità scarsa.
(Cassazione Sez. IV penale con la sentenza n. 21858 del 24/05/2016).

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