Con l’ordinanza n. 56 del 23/03/2016 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 181 comma 1 bis lett. a) D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), nella parte in cui, anche quando non risultino superati i limiti quantitativi previsti dalla successiva lettera b), punisce l’autore delle opere abusive con la sanzione delle reclusione da 1 a 4 anni, anziché con le pene più lievi previste dal precedente comma 1 – che rinvia all’art. 44 comma 1 lett. c) DPR 380/2001.
La questione è stata posta con riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione ed attiene, oltre che al regime sanzionatorio, anche alla diversa natura del reato, elevato illogicamente a delitto nel comma 1 bis della disposizione censurata.
Nell’ordinanza di remissione (pienamente accolta) il Giudice a quo faceva notare come fosse la stessa norma a prendere un evidente discrimine in ordine al regime sanzionatorio; ai sensi del comma 1 dell’art. 181 Codice beni culturali e paesaggio, infatti, le condotte lesive di beni paesaggistici vincolati ex lege integrano, qualora non superino i limiti quantitativi dal successivo comma 1 bis, delle contravvenzioni; così che essi potranno essere oggetto di estinzione con remissione in pristino da parte del trasgressore prima della sentenza di condanna.
Ai sensi del comma 1 bis lett. a), invece, le condotte lesive di beni vincolati con provvedimento amministrativo integrano il più grave delitto (e non contravvenzione) e non possono quindi essere “sanate”.
La Consulta ha ritenuto fondata la questione, stabilendo come sia evidente la violazione degli artt. 3 e 27 della Costituzione, anche tramite un confronto sistematico con le norme dettate in materia di violazioni paesaggistiche. A tal proposito anche l’art. 734 c.p. commina una semplice ammenda a colui che distrugge o altera bellezze naturali soggette a protezione dell’autorità; mentre punisce con la pena sino a 4 anni di reclusione colui che, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue qualunque lavoro su beni paesaggistici vincolati tramite provvedimento, anche nel caso in cui l’amministrazione preposta ritenga che non sia stato leso il bene tutelato.
Anche in questo caso – continua la Consulta – il diverso trattamento sanzionatorio non ha ragion d’essere.
La decisione presa dalla Corte Costituzionale è assai rilevante anche in termini processuali, poiché rende tutti i reati in materia paesaggistica delle mere contravvenzioni, come tali soggetti al più breve termine prescrizionale di 4 anni e ne consente l’estinzione con la remissione in pristino delle aree e degli immobili soggetti a vincolo da parte del trasgressore prima della sentenza di condanna.