La legge 89/2001 (meglio nota come Legge Pinto) consente a ciascun cittadino di chiedere un indennizzo alla Stato, quando un processo/causa in cui sia rimasto coinvolto, abbia avuto una irragionevole durata, sì da arrecargli un pregiudizio.
Senonché la recente legge di stabilità ha apportato alcuni correttivi alla legge Pinto, che certamente renderanno più gravoso e difficile per il cittadino chiedere ed ottenere il predetto indennizzo.
E’ stato in primis introdotto l’onere di esperire dei rimedi preventivi alla violazione dell’art. 6 della CEDU, dovendo la parte provare di aver subito, dal ritardo, un concreto danno.
E’ necessario inoltre che la parte si premuri, nel corso del giudizio, di depositare una o più istanze di “accelerazione” della definizione dello stesso, istanza che va depositata – nei giudizi penali – almeno 6 mesi prima della scadenza del “termine ragionevole”e – in Cassazione – almeno 2 mesi prima della scadenza dell’anno che coincide con il termine ragionevole.
Nei giudizi civili sarà necessario depositare la predetta istanza di accelerazione certamente prima della udienza fissata per la trattazione o almeno 6 mesi prima che siano trascorsi 3 anni in primo grado.
Un sistema, come si evince, assai farraginoso che nuovamente addebita sul cittadino incolpevole la lentezza della macchina giudiziaria.
Tali rimedi preventivi (che sono disegnati nella legge di stabilità come una vera e propria condizione di procedibilità) si pongono in realtà in contrasto con quanto stabilito dalla Cassazione, la quale ha precisato che un parte processuale non può mai subire pregiudizio per il superamento del termine ragionevole per la definizione del giudizio. Ne consegue che è sempre onere dello Stato pronunciarsi in termini utili sulla domanda giudiziaria, pena l’equo indennizzo.
Un orientamento molto preciso che, però di fatto, viene totalmente eluso dai nuovi correttivi previsti dalla legge di stabilità.