Il convivente mire uxorio, in caso di decesso della persona offesa in conseguenza di reato, può presentare opposizione alla richiesta di archiviazione.
Cosi ha stabilito la Cassazione penale con la sentenza 12742 dello scorso 29 Marzo, ricoscendo rilevanza giuridica alla c.d. Famiglia di fatto nonostante il silenzio e del legislatore.
Nelle motivazioni gli ermellini passano in rassegna l’evoluzione giurisprudenziale e sociale della famiglia di fatto, prendendo atto di come la giurisprudenza abbia ormai iniziato un processo interpretativo proteso al riconoscimento di rilevanza giuridica anche della convivenza mori uxorio, seppur non ancora totalmente equiparabile alla famiglia tradizionale, fondata sul vincolo matrimoniale.
Su tale presupposto, la Suprema Corte ha ritenuto che precludere al convivente l’esercizio dei diritti della persona offesa, deceduta a causa di reato, non sarebbe conforme ai principi enucleati anche dalla CEDU e, in ogni caso, non sarebbe sorretta giustificazione razionale.
La riserva al prossimo congiunto dell’esercizio dei diritti spettanti alla vittima di reato, e’ fondata sulla particolare natura dei rapporti relazionali che esistono tra le persona offesa e la categoria dei familiari compresi nell’art. 307 comma 4 c.p.
A ciò si aggiunga che il convivente, in quanto potenziale danneggiato da reato, avrebbe in ogni caso la legittimazione all’azione civile a norma dell’art. 74 c.p.p.